La villa del Tellàro è una ricca residenza extraurbana della tarda età imperiale romana, che si trova nei pressi di Noto. I resti, rinvenuti a partire dal 1971, si trovano in un fertile comprensorio agricolo, su una bassa elevazione presso il fiume Tellaro, sotto una masseria sette-ottocentesca. Il corpo centrale della villa, più piccola di quella di Patti, si articola intorno ad un vasto peristilio. Il tratto del portico sul lato settentrionale presentava una pavimentazione a mosaico con festoni d’alloro che formano cerchi e ottagoni con i lati inflessi includenti motivi geometrici e floreali e su di esso si affacciano altri due ambienti che conservano i mosaici figurati.
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Sant’Anna Bocena
La prima colonia greca di Sicilia fu fondata da popoli provenenti dalla Calcidia.
Racconta Tucidide ne “La guerra del Peloponneso” (libro VI, 3,1):
“Primi fra i Greci i Calcidesi venuti per mare dall’Eubea fondarono Nasso ed innalzarono un altare ad Apollo Archegetes…”.
Dopo la sconfitta subita da Dionisio I°, tiranno di Siracusa, i greci di Nasso fuggirono dalla città per trovare rifugio nel promontorio di Taormina che abbracciava un vasto territorio che aveva inizio da Milazzo e comprendeva anche la Valle d’Agrò. Tutti territori dell’entroterra che garantivano una certa sicurezza e che, nel contempo, si segnalavano per la loro bellezza essendo delle terrazze che si affacciano sullo Ionio.
Colonna Pizzuta
La Colonna Pizzuta è un monumento di epoca greca del III secolo a.C. sito in una collina nei pressi dell’antica città di Eloro. Il nome pizzuta potrebbe derivare dalla sua forma originaria a guglia o pizzo, o forse si collega alla coltivazione di un tipo di mandorla chiamata anch’essa pizzuta. Il monumento è alto 18 metri e possieda una circonferenza di base di 3,90 metri. La colonna è posta sopra un basamento di quattro gradini che misura 19,30×11,20 metri. Non è ancora certa la sua origine. Il monumento potrebbe essere stato eretto dopo la disfatta di Ippocrate di Gela contro Siracusa nel V secolo a.C. oppure a ricordo della vittoria contro gli eserciti ateniesi nel 413 a.C. comandati da Demostene e Nicia che al termine della Spedizione ateniese in Sicilia, proprio in quella zona, precisamente nei pressi del fiume Asinaro ebbero una cocente disfatta.
Museo Antonio Di Vita
Il museo civico archeologico Antonino Di Vita è ospitato in locali comunali di Licodia Eubea. In questa area museale archeologica si conservano diversi ritrovamenti relativi a materiale di importazione greca e a vasellame con i tipici motivi geometrici che identificano la Facies di Licodia e di Santo Cono Piano Notaro, rinvenuti nel territorio di Licodia Eubea.
Ercia
Sito Etnanatura: Ercia.
Il sito viene identificato dai locali come un palmento di epoca romana. Ma riconoscere un palmento non è facile, tanto più se si tratta di una delle strutture antiche, scavate nella roccia. Tuttavia va ricordato che nel Medioevo era diffusissimo in Sicilia (soprattutto negli Iblei) il palmento scavato nella roccia, di probabile origine bizantina.
Nulla di strano dunque che siamo di fronte ad un palmento bizantino-medioevale.
Monte Iudica
Da dove iniziare? Se seguiamo il filo della storia dobbiamo iniziare da un antico popolo indigeno che popolava il monte e dalla necropoli scavata nella roccia. Ma la leggenda ci racconta di una giovane normanna, Emidia, che per sfuggire ai Saraceni si travestì da vecchia ma che, una volta scoperta, venne gettata in un dirupo conosciuto oggi come “U sautu da vecchia” (Il salto della vecchia). La geografia ci parla di un monte alto 764 metri sulla piana di Catania che l’inganno prospettico sembra farlo rivaleggiare con la dirimpettaia Etna.
Castellito
In contrada Castellitto si trovano i resti di una villa romana con pavimenti a mosaico. La villa, costruita in età repubblicana (II sec. a.C.), fu abitata fino in età tardo-antica. La zona indagata, composta da alcuni ambienti e da un piccolo impianto termale, costituisce solo una parte della “Pars urbana”, cioè la residenza del dominus quando questi soggiornava nei suoi latifondi.
Castello di Pentefur
Tra mito, leggenda e storia. Il castello Pentefur si trova su uno dei due colli su cui sorge l’abitato di Savoca, in provincia di Messina in Sicilia. Il Maniero occupa il pianoro sulla sommità dell’omonimo colle; edificato in posizione strategico-difensiva, ha la base di forma trapezoidale. È ridotto ormai a pochi ruderi, consistenti in ampi tratti della cinta muraria merlata e dotata di feritoie, in alcune cisterne e nei resti di un mastio quadrangolare. Detto mastio era a due elevazioni, su un’area di 350 metri quadrati, sito nella parte più alta del pianoro, al suo interno sono ancora visibili le tracce di una ripartizione in diversi ambienti e una piccola porzione della pavimentazione.
Grotta dei Santi
E’ impossibile districare dalla matassa aggrovigliata dai fili della storia, della religione e della leggenda, la verità sulla vita dei santi Alfio, Filadelfo e Cirino. Leggenda vuole che la loro ultima prigione fosse a Lentini dove ancor oggi ritroviamo la Grotta dei Santi.
Sulla vita di Alfio, Filadelfo e Cirino riportiamo il racconto che ne fa il prof. Davide Gullotta sulla pagina Facebook “Ti cuntu“.
Nel 250, l’imperatore Decio emanò un editto secondo cui ogni persona doveva effettuare un sacrificio alle divinità della Religione romana; il rifiuto avrebbe significato il rifiuto di sottomettersi all’impero e la pena sarebbe stata la condanna a morte.
Abakainon
Abaceno o Abàcano (in latino: Abacaena o Abacaenum, in greco antico Ἀβάκαινον o in greco antico Ἀβάκαινα) era un’antica città della Sicilia, sul versante settentrionale, le cui origini sembra risalgano al periodo siculo, poi ellenizzata, nel cui territorio Dionigi di Siracusa fondò la città di Tindari (396 a.C.), situata in prossimità dell’attuale cittadina di Tripi, in Provincia di Messina, ove nel secolo XVI si scorgeva un largo campo di rovine antiche, in parte ancora esistenti. In seguito alla progressiva colonizzazione greca della Sicilia anche Abacena si adattò alla nuova cultura ellenizzandosi. Partecipò assieme a tante altre colonie indigene alla sollevazione di Ducezio ma in seguito alla sconfitta entrò nell’orbita di influenza cartaginese. In età greca ebbe una zecca con proprie emissioni monetali.