Castello di Mongialino

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08-09-2014 17-04-00Il Castello di Mongialino si trova nel comune di Mineo, nei pressi della frazione di Borgo Pietro Lupo. Risale all’alto medioevo ed è dotato di una torre toroidale (fatto unico nell’architettura siciliana dell’epoca) originariamente di quattro piani, collegati da una scala interna. Il castello è citato dal geografo arabo Idrisi, che lo chiama “casale” al-Khalil. Feudatari del castello furono dapprima (1150-1180 circa) i membri della famiglia Paternò con Costantino II Paternò, Conte di Buccheri, di Butera e di Martana, poi i membri della famiglia di origine normanna de Luci (il conte Bartolomeo de Luci e poi sua figlia Margherita nel 1199), poi Manfredi di Mazzarino nel 1200, dominio regio nel 1287, Blasco Lancia nel 1320 e Manfredi III Chiaramonte nel 1355. Il castello viene citato dallo storico Tommaso Fazello nel De Rebus Siculis Decades Duae (1558) e dall’abate Vito Amico nel Lexicon topographicum siculum (1757), riferendo come all’epoca la costruzione fosse per lo più intatta e come nel XVII secolo si fosse tentato di ripopolare la zona. Dai reperti rinvenuti in epoca moderna, risulta che il colle sul quale fu costruito il castello è stato in realtà abitato fin dall’età del bronzo (XII secolo a.C.).
Da Wikipedia.
Foto Salvo Nicotra.

Sito Etnanatura: Castello di Mongialino.

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Quarant’ore

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01-11-2012 11-05-01Il torrente Quarantore, detto anche Sciambro, deve il suo nome al fatto che in Primavera, durante il disgelo, scorre per quaranta ore, raccogliendo le acque provenienti dalla zona sommitale dell’Etna.

 

 

 

Sito Etnanatura: Torrente Quarant’ore.

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I luoghi del cuore

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26-03-2014 07-32-51Il “Bastione degli infetti” partecipa alla manifestazione “I luoghi del cuore“, censimento dei luoghi italiani da non dimenticare promosso dal FAI, Fondo Ambiente Italiano. Etnanatura invita tutti gli amici a votare per questo sito che tanta importanza ha avuto nella storia di Catania.

 

Per esprimere la vostra preferenza a favore del “Bastione degli infetti” cliccate qui.

Il bastione degli infetti si trova sulla collina di Montevergine, antica acropoli di Catania. Già Cicerone, parlando dei furti di Verre, definisce il tempio di Cerere, Che doveva sorgere dove oggi troviamo i resti del Bastione degli infetti come tempio di gran culto. Ecco la citazione di Cicerone: “Nella parte più interna si trovava un’antichissima statua di Cerere, che le persone di sesso maschile non solo non conoscevano nel suo aspetto fisico, ma di cui ignoravano persino l’esistenza. Infatti a quel sacrario gli uomini non possono accedere: la consuetudine vuole che le celebrazioni dei riti sacri avvenga per mezzo di donne sia maritate che nubili…Esiste un’antica credenza che si fonda su antichissimi documenti e su testimonianze greche, che tutta l’isola siciliana sia consacrata a Cerere e Libera. Non è una profonda persuasione, a tal punto da sembrare insito e connaturato nel loro animo. Infatti credono che queste dee siano nate in quei luoghi e le messi in quella terra per prima siano nate in quella terra per prima siano state scoperte, e che Libera, che chiamano Proserpina, sia stata rapita da un bosco degli Ennesi”. In seguito il vescovo Leone II detto il Taumaturgo fece distruggere, come ricordano gli Atti Latini, il tempio utilizzando le sue pietre per costruire l’allora Cattedrale di Catania che corrisponde con l’attuale chiesa di sant’Agata la Vetere (vedi). Le Mura di Carlo V erano un complesso murario che venne fatto realizzare a Catania dall’imperatore Carlo V a difesa della città: esse erano costituite da undici bastioni ed avevano sette porte di accesso alla città. L’incarico della costruzione venne dato all’architetto Antonio Ferramolino all’inizio del XVI secolo ma la costruzione andò avanti con molta lentezza vista la complessità dell’opera. Esse racchiudevano completamente la città del tempo e la difendevano dai pericoli esterni. Ma, prima l’eruzione dell’Etna del 1669 e poi il terremoto del 1693 le rovinarono gravemente, ma la loro scomparsa definitiva si deve al piano di rinnovo urbano del XVIII secolo. Una delle poche testimonianze rimaste è costituita dal Bastione degli infetti costruito nel 1556 ad opera del vicerè Vega. Accanto ai resti del Bastione degli infetti ritroviamo la Torre del Vescovo. La torre si ritene fondata agli inizi del XIV sec. (1302 d.C.?) ed è parte integrante dell’antica cinta muraria aragonese. Venne acquistata dal vescovo Antonio de Vulpone e trasformata, insieme all’area antistante, in lazzaretto. L’edificio si caratterizza per la pianta quadrata e la tecnica edilizia (non uniforme) costituita da pietrame lavico appena sbozzato, inzeppato con frammenti di terracotta e legato insieme da malta. I cantonali sono rinforzati con blocchi di pietra lavica squadrati. Della torre si conservano solo tre dei quattro muri perimetrali, solo quelli rivolti verso l’esterno della cinta muraria. Si tratta, probabilmente, di un semplice accorgimento architettonico: in caso di assedio e di conquista della cinta muraria, gli attaccanti non avrebbero potuto utilizzare la torre contro la città, essendo essa, in corrispondenza del lato meridionale, esposta al tiro degli arcieri. L’edificio conserva solo le saettiere del primo piano, sebbene sia probabile che esistesse anche una seconda elevazione, oggi del tutto scomparsa. Il pavimento di entrambi i piani doveva essere ligneo. Non si conserva merlatura e la scarpa del pianterreno appare come aggiunta posticcia di tempi relativamente recenti. Nel XVI sec. il lazzaretto si estese, comprendendo oltre alla Torre del Vescovo anche il limitrofo bastione di Carlo V. Il nuovo complesso prese il nome di “Ospedale degli Infetti“» (le notizie sulla torre si devono al sito medioevosicilia.eu).

Pagina Etnanatura: Bastione degli infetti.

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Il borgo dei fantasmi.

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13-07-2014 20-33-15Nato in periodo fascista, il borgo Giuliano si presenta in uno stato di totale abbandono determinato proprio dalla filosofia che dettò la nascita di alcuni borghi rurali soprattutto in Sicilia. Non case per i contadini ma per la piccola borghesia (chiesa, scuola, ufficio postale) che avrebbe dovuto supportare il territorio circostante. ” … piccola capitale funzionalistica senza stento e senza gravezza di plebe …” li definì con sintesi efficace Carlo Emilio Gadda ne “La nuova antologia”.  Il nome per ricordare uno dei tanti poveri soldati, Salvatore Giuliano, mandato allo sbaraglio a morire in terra di Abissinia per soddisfare la vanagloria del duce.  Anche allora, come spesso accade purtroppo anche oggi in terra di Sicilia, dopo formale e solenne inaugurazione alla presenza del ministro Tassinari, il borgo venne ben presto abbandonato. Oggi è abitato dai fantasmi che sollevano la polvere del tempo negli arsi pomeriggi.

Foto di Salvo Nicotra.

Pagina Etnanatura: Borgo Giuliano.

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No alla caccia

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no_cacciaAncora una volta la Sicilia, e in specie la classe politica siciliana, si segnala per una miope politica favorevole al depauperamento del patrimonio faunistico isolano. Infatti già domani si apre in Sicilia la triste stagione della caccia, in largo anticipo con i tempi previsti dalle legge italiana già di per sé molto più permissiva di altre legislazioni europee più attente alle esigenze della natura. Nessuno dei parlamentari siciliani, come riportato nel comunicato Wwf allegato, si è opposto a che quest’ulteriore marchio d’infamia macchiasse l’immagine della nostra isola.
Segue comunicato Wwf Sicilia.
“Lunedì 1 settembre, con ben 20 giorni di anticipo rispetto a quanto previsto dalla legge, in Sicilia riapre la stagione venatoria, che si concluderà fra 5 mesi il 31 gennaio 2015. Così ha deciso l’assessore regionale all’agricoltura Ezechia Paolo Reale, con un proprio decreto che si pone in aperto e grave contrasto con le autorevoli indicazioni tecniche dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), con il parere negativo degli esperti delle Associazioni ambientaliste in seno al Comitato regionale faunistico-venatorio e con i principi delle Direttive Comunitarie in materia ambientale, oltre che con i principi scientifici per la conservazione e tutela della fauna. Le premesse del “Calendario venatorio 2014-2015”, decretato dall’Assessore, dipingono la Sicilia come un incredibile paradiso faunistico : l’Isola sarebbe zeppa di animali, migratori e stanziali, che sono presenti dovunque ed in gran quantità. Quindi nessun problema ad allargare la durata della stagione di caccia e dare il via libera a 40mila cacciatori, ognuno dei quali potrà abbattere legalmente fino a 15 animali al giorno (sic!). Incredibile ma vero, in Sicilia – sempre secondo il decreto dell’assessore Reale – anche le specie che in tutta Europa sono in forte declino e sempre più minacciate (dalla quaglia alla beccaccia), da noi sono miracolosamente in sovrabbondanza e godono di ottima salute! Il WWF Sicilia biasima la scelta dell’assessore che ha iniziato ad occuparsi di caccia, da quando è entrato a far parte della Giunta Crocetta, nel peggiore dei modi, cioè con l’apertura anticipata al 1° settembre, rispetto alla data canonica della terza domenica del mese, ossia in un momento particolarmente delicato del ciclo biologico di molte specie. E’ scandaloso che Governo regionale ed Ars, quando si parla di caccia, all’unisono si schierino sempre e comunque contro la fauna e a favore della lobby della caccia con posizioni appiattite sulle richieste del mondo venatorio più estremista e nessuna pietà per gli animali selvatici. Né il Presidente Crocetta né l’assessore Reale , infatti, hanno mostrato quel minimo di doverosa attenzione alle esigenze di tutela del patrimonio faunistico; all’Assemblea regionale nemmeno uno dei 90 deputati ha cercato di contrastare questa intollerabile politica filodoppiette, ma anzi il solito manipolo trasversale di deputati(tra maggioranza ed opposizione) ha persino tentato di peggiorare le norme vigenti propugnando una liberalizzazione selvaggia della caccia! Persino il Movimento 5Stelle – che nel resto d’Italia ha sempre avuto posizioni nettamente critiche sulla caccia – a Sala d’Ercole non si oppone alla deregulation selvaggia della caccia. Anzi, un’Associazione venatoria addirittura si pronuncia pubblicamente con “un sincero grazie al Deputato “grillino” Angela Foti” che starebbe conducendo una battaglia per convincere i colleghi del Gruppo M5S ad abbandonare “la sterile ideologia” contro le doppiette… Il WWF giudica dannosissima e spregiudicata la scelta di apertura anticipata della caccia, dal momento che va ad incidere su un periodo particolarmente sensibile per la maggior parte delle specie animali: la tarda estate è un momento in cui molti giovani dell’anno non sono ancora del tutto autonomi e diventano quindi bersaglio ancor più facile del solito per i cacciatori. Sul nostro territorio sono ancora presenti moltissime specie di avifauna protetta, in fase pre-migratoria, che possono cadere vittima degli immancabili atti di uccisione illecita che accompagnano queste giornate. In particolare gli spari si concentrano sui pochi individui che hanno nidificato sul nostro territorio e che sono preziosissimi per il nostro patrimonio faunistico.Le specie consentite come oggetto di caccia anticipata saranno: coniglio, tortora e colombaccio; ma, per gli animalisti, vi sarà disturbo e anche danni diretti per tutte le altre specie. “Da anni il WWF chiede che l’apertura anticipata sia del tutto e definitivamente abolita – ricorda Angela Guardo, Delegata WWF Sicilia -: anche un solo giorno comporta un impatto gravissimo sulla fauna selvatica. Purtroppo si continua a gestire la caccia non sulla base delle esigenze e criticità faunistiche ma sulla base delle richieste ed aspettative del mondo venatorio.”

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Piano Margi

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27-08-2014 09-12-47Nell’altipiano di Margi, in cima ad una collina, si ritrovano i resti antichi di un accampamento romano. La costruzione rispecchiava la tipica domus romana, con pavimento in pietre e le pareti in coccio misto a calce idraulica. Al centro del rudere sono ancora visibili le colonne di un tempietto. Probabilmente in questo luogo sostarono le truppe romane di Sesto Pompeo  in ritirata durante la guerra civile contro Ottaviano, prima di portarsi verso Tindari. Alcuni racconti popolari narrano che proprio in quest’accampamento riposarono una notte i fratelli martiri Alfio, Filadelfo e Cirino in transito verso Lentini. Anche San Filippo d’Agira, proveniente da Limina e diretto a Mongiuffi Melia, Calatabiano e Agira, sostò in questo luogo a evangelizzare. Si racconta che, attratto dalla magia del luogo, Federico II, proveniente da Taormina e diretto all’abbazia di San Pietro e Paolo dell’Agrò, riposò in questo luogo alcune ore seduto su un sedile di pietra ancora esistente.

Notizie tratte da “Polissena e la valle del Chiodaro” di Giovanni Curcuruto che ringraziamo per le preziose informazioni. Ringraziamo anche Fabio Luchino, guida insostituibile e appassionato conoscitore di orchidee selvatiche di cui è ricco l’altipiano di Margi (a tal proposito vi consiglio la sua pagina web Orchidee dei peloritani).

Sito Etnanatura: Piano Margi.

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Grotta monte Cicirello

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10042012 094Ai piedi di monte Cicirello, di probabili origini preistoriche, ritroviamo la grotta di scorrimento lavico che dal monte prende il nome.

Sito Etnanatura: Grotta Monte Cicirello.

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Monte Naturi

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21-08-2014 10-48-58Il monte Naturi è la vetta più alta della Valle del Chiodaro e sovrasta il santuario della Madonna della Catena. A Mongiuffi cenni storici fanno risalire il culto della Madonna della Catena agli inizi del XV secolo. Un certo Matteo Lo Po’ devoto alla Vergine fece costruire di fronte ai ruderi dell’acquedotto greco romano una chiesetta dove prima preesisteva un’edicola della suddetta. Le due piccole campane armoniose, ora trafugate, fuse con ricca lega d’argento, come si desumeva dal loro suono, erano del 1587, quando ormai la devozione della Madonna della Catena si era consolidata ed affluivano numerosi pellegrini penitenti. Purtroppo, fra gli anni ’40 e ’60 del secolo scorso, si decise di ricostruire il santuario demolendo completamente la vecchia chiesa. Lasciamo alla pietà cristiana il perdono per l’architetto che edificò il nuovo santuario di gusto per lo meno discutibile (usiamo un eufemismo per non offendere la sensibilità religiosa di qualche lettore ma il nostro giudizio è di natura prettamente estetica).

Sito Etnanatura: Monte Naturi.

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Carcaci

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19-02-2014 19-54-36La prima testimonianza della presenza umana nel luogo risale all’XI secolo, quando i normanni, venuti in Sicilia, nel 1061 qui si accamparono per organizzare la presa di Centuripe. A quell’epoca risale la prima costruzione di cui si ha testimonianza: una torre quadrangolare successivamente inglobata in altri edifici. Il primo feudatario di Carcaci fu Giovanni de Raynero nel 1200 circa. Nel 1453 Giovanni Spatafora ebbe l’investitura dal re Alfonso della baronia di Carcaci. Sul finire del XVI secolo vennero realizzati dei lavori idraulici per opera del barone Ruggero Romeo. Successivi feudatari di Carcaci furono Nicola Mancuso nel 1602 e Gonsalvo Romeo Gioieni nel 1630. Questi ottenne nel 1631 la licentia populandi e fondò il borgo. Dopodiché, Carcaci passò alla Casa Paternò Castello che da allora sono i Duchi di Carcaci. Il borgo venne realizzato con pianta regolare e con gusto barocco spagnoleggiante: venne realizzato un monumentale ingresso, una chiesa, dedicata a santa Domenica, ormai in stato di abbandono, un castello. 
Da Wikiedia 
Foto di Salvo Nicotra

Sito Etnanatura: Carcaci.

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Postoleone

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17-08-2014 12-14-21Ecco come Pippo Fava in un vecchio articolo sui Siciliani (1980) descriveva la zona: “si sale…la strada…a sinistra il burrone…un canyon…una cascata che non vedi…tanto é profonda…la strada si affonda in tunnel di pietra…portone buio…ponte levatoio…al di là del quale un’immensa vallata con due rovinii di case”. Una curiosità: la galleria venne scavata dai prigionieri austriaci della prima guerra mondiale.

Sito Etnanatura: Postoleone.

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